Al museo di Roma in Trastevere
Ricordi La quercia del Tasso di Achille Campanile? Sennò, ti conviene dare una sbirciata all’articolo “I tassi di Campanile”. Ebbene, in questo anno giubilare 2025 i tassi di Campanile giubilano. Sono stati invitati alla mostra “L’albero del poeta - La Quercia del Tasso al Gianicolo” che si tiene al museo di Roma in Trastevere fino al primo giugno; e questo non in quanto visitatori, che già per loro sarebbe stata un’immensa gioia, ma in quanto protagonisti, che è un evento non da poco.
Hanno fatto fatica a crederci; per autoconvincersi di non sognare si sono dovuti dare dei pizzicotti. Ordunque erano desti e ciò che stava accadendo era meravigliosamente vero, non uno scherzo della loro immaginazione. La mattina del 27 gennaio avevano appuntamento al museo di Roma in Trastevere con le curatrici della mostra Roberta Perfetti e Silvia Telmon. Si erano lavati, lisciato il pelo e profumati: sanno di aver un odore forte e non volevano fare brutta figura. Poi, non si presentavano da soli. Li accompagnavano la guercia di Torquato e la guercia di Bernardo, gentili, per carità, ma piuttosto schizzinose: le due ragazze non avrebbero mai accettato di portarsi in giro delle puzzole. Con un sorriso smagliante Roberta e Silvia li avevano ricevuto al primo piano del museo e si erano anche rallegrate per il loro aspetto avvenente. La sala dove si apprestavano a trascorrere i mesi di febbraio, marzo, aprile e maggio era suddivisa in due corsie e tinteggiata da un verde luminoso e rinfrescante. Intorno a loro, le opere parlavano di alberi, del colle del Gianicolo e del poeta Torquato Tasso. La guercia di Torquato si era piantata davanti a Il mio albero (2024) di Daniela Perego; ne subiva il fascino e non riusciva a distoglierne lo sguardo: piccoli pezzi di merletto bianco incollati su uno sfondo cremino disegnano un albero che leggero, sembra danzare al ritmo di una dolce brezza. L’uncinetto ha sostituito il pennello e il filo di cotone delicatamente lavorato dà morbidezza e rilievo alla figura vegetale le cui foglie paiono candidi riccioli mossi da un afflato vitale. Invece, a colpire la guercia di Bernardo era stata Rinascita (2020), un’opera di Roberto Almagno. Da principio, il tono cupo e il carattere minimalista della tela l’avevano attratta senza che ne capisse il perché; in seguito, l’opera aveva innescato in lei una riflessione esistenziale. La genesi di Rinascita? L’opera è realizzata con rametti caduti nel sottobosco che, dopo essere stati raccolti dall’artista, levigati, anneriti dal fuoco e modellati tramite acqua, formano sul fondo chiaro l’immagine di una fascina di legna incenerita e slegata. Da questo mucchietto scuro sparpagliato nella parte bassa della tela s’innalzano un lungo ramo nero verticale e un altro ricurvo che quasi si ripiega su sé stesso a mo’ di forcina. Riflettendo sul titolo, la ragazza aveva afferrato il significato della composizione: essa esprime l’andamento ciclico della natura, l’incessante passaggio dalla vita alla morte e dalla morte alla vita. Dal rogo distruttivo ormai spento spunta la promessa di una nuova generazione o, meglio, nel suo nido incendiato la Fenice sta principiando la sua ricrescita. All’unanimità, i quattro tassi si erano schierati dalla parte di Joseph Beuys e della sua Difesa della natura, un’opera-progetto ambientale di lungo respiro iniziata nel 1982 in Germania nella città di Kassel con 7000 querce. Le fotografie di Stefano Fontebasso De Martino immortalano l’azione creativa dell’artista tedesco nel 1984 a Bolognano in provincia di Pescara: Beuys viene ripreso mentre sta piantando alberi insieme agli abitanti del luogo. Questo sì che è un bel messaggio, una lodevole impresa, un’opera sacra! È l’atto responsabile di uomini consapevoli dell’importanza fondamentale degli alberi. Ce ne fossero milioni come Joseph Beuys! Vedendo gli scatti di De Martino, la banda dei quattro aveva subito pensato al racconto di Jean Giono, L’uomo che piantava gli alberi, una storia che la guercia del Tasso, addossata alla sua quercia, aveva letto loro anni prima durante una calda sera di giugno. Nella testa dei quattro plantigradi era rimasta viva la figura del romito Elzéard Bouffier che con pazienza e caparbietà aveva rimboscato da solo, seminando ghiande e piantando faggi, betulle e aceri, una zona montana desolata della Provenza.
L’indomani 28 gennaio, giorno dell’inaugurazione, alle 11:00 era tutto a posto per l’incontro con la stampa. Rinchiusi nella loro bacheca in mezzo alla prima corsia, i tassi e le guerce percepivano un tacchettio e lo scambio ininterrotto di domande e spiegazioni. Le giornaliste de la Repubblica, de Il Messaggero, del Corriere della Sera, di Radio Vaticana… chiedevano, Roberta e Silvia attentissime rispondevano e commentavano. Di colpo la combriccola si ammutolì: sopra di loro al di là del vetro, una giornalista dai capelli corti, china sulla teca, li guardava con aria assorta. La mattina dopo quando uscirono i giornali, capirono che si trattava di Federica Manzitti del Corriere della Sera giacché il suo articolo li menzionava con slancio. Ai tassi si gonfiò il pelo; le guerce, per un po’ se la tirarono: pensare che uno dei più importanti quotidiani della Capitale li elogiava!
Nel tardo pomeriggio alle 17:30 furono introdotti i primi visitatori, quelli muniti di un biglietto omaggio. Chiamato per l’occasione, un attore dilettò gli astanti con la lettura del brano di Campanile: Tassi e guerce si gongolavano, orgogliosi di sentire pronunciare i loro nomi e di essere per un momento al centro dell’attenzione.
Dal 29 gennaio la mostra è aperta a tutti e dalle 10:00 fino alle 20:00 dal martedì alla domenica, l’allegra banda vede sfilare i visitatori. Nessuno si annoia; spesso scherzano sui commenti che la gente formula nei loro confronti e si divertono a imitare le voci. Nel pomeriggio sonnecchiano ma la sera, a porte chiuse, scendono dalla teca e si fanno un bel giro all’interno del museo. Bisogna sgranchire gambe e zampe e l’antico monastero di sant’Egidio, che un tempo ospitava monache di clausura, le Carmelitane scalze, è il luogo ideale per una rilassante passeggiata notturna. Spesso passano da La Stanza di Trilussa ad omaggiare il poeta romano Carlo Alberto Salustri per il quale nutrono una profonda ammirazione. Comunque, non mancano mai di effettuare una sosta nel Chiostro.
Il lunedì, giorno di chiusura del museo, escono alla chetichella dall’edificio. La loro giornata libera si svolge secondo un rituale ormai consolidato. La mattina si recano a piedi e zampe al Gianicolo. Lungo la salita le guerce mugugnano e si lagnano per colpa dei sanpietrini che le fanno soffrire: accampati sulla via, paiono una distesa di gusci di testuggini. E grazie al cielo, non indossano tacchi a spillo! Arrivati in cima, i tassi vanno a dare un’occhiata alle loro tane ubicate nei pressi del Faro degli Italiani d’Argentina; controllano che tutto sia in ordine. Poi il gruppo s’incammina sui gradini in discesa che portano alla Quercia del Tasso.
Il vecchio amico li aspetta, felice di poter ascoltare nuovi aneddoti sul loro soggiorno al museo. Anch’egli ha sempre cose da narrare. Il suo modo di raccontare non è affatto banale: ha conservato intatti la spigliatezza e il senso della battuta dei suoi verdi anni. Quando i sei compagni riprendono finalmente il cammino del ritorno, percorrendo la strada a ritroso, non sono guidati dalla voglia di rincasare. Invece di dirigersi verso Piazza di sant’Egidio dove è collocato il museo, girano a sinistra per imboccare via della Scala e proseguono per via della Lungara. Prima dell’Accademia dei Lincei svoltano per il lato mancino: sono in via Corsini. In fondo, si apre l’ingresso dell’Orto botanico di Roma. È proprio lì, all’Orto botanico, che la buffa compagnia va a trascorrere il lunedì pomeriggio. Già dalla prima visita, hanno fatto conoscenza con la maggiorente del parco: la Sughera monumentale.
Non è bonaria come la Quercia del Tasso che è sempre accomodante e pronta a scusare tutti. È un tantino superba ma d’altronde ha i numeri: è maestosa e imponente con la sua stazza fuori dal comune e il suo fogliame che sembra toccare il cielo. Se la loro cara Quercia fosse stata corazzata come lei, sarebbe uscita illesa dal fulmine del 1843 e dall’incendio doloso del 2014. Ma quel ch’è stato, è stato; non si cambia la Storia con dei “se”. Certo, il loro vecchio albero deturpato non è bello, anzi è bruttissimo, ma possiede dentro di sé ciò che conta veramente: un tesoro di bontà.
Tutti senza eccezione riconoscono un lato incantevole alla settecentesca Fontana degli Undici Zampilli progettata dall’architetto Fuga che, posta al centro di una larga scalinata, lascia scendere l’Acqua Paola attraverso cinque vasche sovrapposte. Ma hanno pareri divergenti quando si tratta di indicare il luogo più suggestivo del Botanico. I tassi mettono al primo posto il Giardino giapponese con il suo padiglione, le piccole cascate, i laghetti e gli aceri, le camelie, le magnolie. Quando non c’è nessuno, si rincorrono per i sentieri giocando a chiapparello. Le guerce non celano un marcato debole per il Roseto. L’arrivo della primavera ha scatenato lo sbocciare delle rose e l’esplosione di colori e di profumi nel rosaio ha stimolato le ragazze a inventarsi un quiz sui fiori. Si interrogano a vicenda; ogni risposta giusta vale un punto: qual è il nome scientifico del girasole? (Helianthus annuus) – Come distinguere un croco da zafferano da un croco velenoso? (gli stimmi del crocus sativus, o zafferano vero, sono 3 mentre gli stimmi del colchico, o zafferano bastardo, sono 6) – Cosa esprime il verbasco nel linguaggio dei fiori? (Fatti coraggio!) … Chi delle due raccoglie il minore punteggio offre la merenda alla brigata. Durante la settimana hanno tutto il tempo di cercare altre domande per ampliare il loro questionario floreale.
Ora che sono giunti all’ultimo mese di permanenza al museo di Roma in Trastevere, i Tassi riflettono. Sentono di aver il margine necessario per considerare i benefici di questa straordinaria esperienza. Dal colle dove vivevano appartati, ognuno in tana sua, sono scesi fra la gente e hanno dovuto condividere la stessa bacheca: si è sviluppato uno spirito di cooperazione; è sbocciata una bella amicizia. Ma c’è dell’altro: hanno imparato a guardare lontano, oltre il proprio muso e scoperto un vasto orizzonte. Il mondo non si ferma ai dintorni del Faro degli italiani! Sulle pendici del Gianicolo si stende l’Orto botanico e più in là, il Tevere. È nata la voglia di viaggiare, di conoscere, di capire. Intanto per l’estate hanno in mente un progetto: scrivere un libro sulla loro edificante avventura.