Che cosa ci sto a fare al mondo?
“Che cosa ci sto a fare al mondo?” “Bella domanda!” come rispondono i politici dinanzi a un quesito imbarazzante. Si tratta di un interrogativo maggiore con il quale siamo tutti confrontati, che non possiamo fare finta di ignorare perché soggiace a tutte le nostre attività. Risponderci è esplicitare il senso che diamo alla nostra esistenza. Ognuno, secondo il proprio carattere, secondo le proprie convinzioni, propone una spiegazione. Così, ci sono tanti modi di considerare il nostro stare al mondo. Ad esempio:
Rassegnato - “Sono di passaggio sulla Terra; sto un po’ a curiosare e sparisco.”
Cinico - “Sto aspettando la morte.”
Deluso - “Se questo è il mondo, non ne vale la pena! A che scopo darsi da fare?”
Monoteista - “Qui sto effettuando un lavoro preparatorio; L’importante è altrove!”
Scientifico “Sono il frutto della sofisticata combinazione di atomi che mi rendono atto a pensare; dedicherò il mio tempo ad indagare sul mondo che mi circonda.
Godereccio - “Visto l’opportunità che mi è offerta, cerco di approfittarne al meglio e mi diverto.”
Quando mi chiedo “Che cosa ci sto a fare?” senza precisare ulteriormente il contesto, tradisco sempre un disagio. Nella sua formulazione, la domanda esprime un forte dubbio. Quest’interrogativo mi è balenato più d’una volta in posti in cui mi annoiavo o in cui non mi sentivo integrata. Al cinema, davanti a un film palesemente noioso. In una riunione, dove percepivo un senso d’inadeguatezza. Come risposta, ho abbandonato la sala o mi sono eclissata dal luogo d’incontro. Però, se la domanda si allarga al mondo intero, contrariamente a prima, non posso scappare o piuttosto sì, ma una volta sola ed è definitiva. Altra differenza fondamentale: è stata la mia scelta, vedere il film o presentarmi alla riunione; invece non ho scelto di venire al mondo. In altre parole, sono nata a mia insaputa. Sono venuta alla luce malgrado me e siccome, penso che non avrò mai la voglia o il coraggio di suicidarmi, sparirò malgrado me. Sono una condannata a morte all’oscuro, per fortuna, della data e della modalità della sua esecuzione. Questo mi permette di sperare in una scadenza rimandata il più possibile e di fare progetti per il futuro. Comunque, il viaggio iniziato al ritmo d’una tranquilla passeggiata, via via si trasforma in un’angosciata corsa contro il tempo. Da giovane, il pensiero della mia ineluttabile fine non mi sfiorava; mi sentivo immortale. Era un po’ come se quest’ingiusta e spaventosa legge naturale vigesse solo per gli altri. Oggi, avverto l’impietosa spada sopra la mia testa!
Molto attaccata alla vita, l’idea di morire mi è insopportabile. Non mi placo di fronte a una spiegazione teologica perché non credo a nessun appuntamento ultraterreno nell’aldilà. Non mi avvalgo della religione per rassicurarmi sul mio divenire. Non sono la suprema creatura divina, la creatura prediletta di Dio che, grazie a una condotta esemplare su questa terra, accederà alla beatitudine celeste. Sono un essere finito che non accetta la sua finitudine di fronte all’universo infinito e prende amaramente coscienza della sua futile esistenza. Cosa mi rimane, se non di utilizzare al meglio il tempo che mi è concesso? Cosa ci sto a fare al mondo? Sto cercando semplicemente, egoisticamente, di vivere felice. La mia felicità si nutre del calore affettivo dei miei cari e della luce interna che la cultura mi regala. Grazie al nutrimento portatomi dai giganti del passato o dai grandi del presente, acuisco il mio spirito e afferro meglio il mondo circostante.
Estragone e Vladimiro
Aspettando Godot Beckett
Mi sento meglio con me stessa e di conseguenza, con gli altri. Non voglio trascorrere la mia esistenza come i personaggi di Samuel Beckett del “Aspettando Godot”, immobilizzati in un’attesa sterile.
Voglio arricchire la mia vita, rompendo l’osso e succhiandone il sostanzioso midollo come lo preconizza François Rabelais: “ rompre l’os et sucer la substantifique moelle”. Leggere, imparare cose nuove, essere attiva sia fisicamente che mentalmente mi permette di ignorare il mio funesto destino, di ingannare il tempo. “Ammazzare il tempo”, “ingannare il tempo”, incongrue espressioni coniate alla rovescia. In realtà chi sono l’assassino e l’imbroglione? : il tempo, a chi nessuno resiste. L’uomo incorreggibile vuole fare da protagonista pure là dove non ha voce in capitolo! La curiosità è lo stimolo della nostra mente, il punto di partenza della nostra intelligenza: quando non ci poniamo più domande e non cerchiamo delle risposte, siamo già morti. Mi auguro di aver fino in fondo la voglia d’imparare, la voglia di scoprire cose nuove anche se non raggiungerò mai la sete di conoscenza di un personaggio come Socrate che, poco prima di assumere la cicuta, volle dedicarsi a una lezione di cetra.